Richard Serra: LA QUESTIONE DEL TEMPO
In questo mio continuo vagare, cercando di capire qualcosa del mondo artistico, mi è capitato già alcune volte di scontrarmi, involontariamente, in opere che in passato ho visto dal vivo e che, come una sciocca, non ho minimamente preso in considerazione, senza capire nulla della loro vera natura e facendomi talvolta addirittura quattro risate…
Come in questo caso…😥😭
Qualche anno fa, sono stata al Guggenheim di Bilbao, mi ricordo che io e le mie amiche (molto più giovani di ora… nel 2006) eravamo un po’ a corto di soldi e così ci siamo limitate a visitare la prima parte del Museo …gratuita…🤑… (cose da giovani).
Proprio in questa zona c’era un’esposizione di cui, ovviamente, non capivamo nulla, ma che ci faceva ridere tantissimo…chissà poi perchè…🙄🤷♀️
Sto parlando delle installazioni di Richard Serra intitolate: “La questione del tempo”.⏱
Il ricordo che ho in testa è senz’altro l’immensità dell’opera e anche l’inquietudine nel camminarci dentro (forse per questo le risate!!).
Queste imponenti opere dell’americano Serra, hanno il carattere di una scultura.
Le enormi forme astratte, realizzate in acciaio, cosparso di macchie e striature di colore diverso, nonchè da ruggine con effetti quasi pittorici, mettono insieme sia lo spazio e la forma che il peso. Le persone si muovono all’interno e Vi assicuro che lo spettatore è perfettamente consapevole (pur essendone ignaro) di questa relazione con lo spazio.
Richard Serra (classe 1938)ha realizzato sculture sempre più monumentali, avvicinandosi alla Land Art, sorta negli anni ‘60 negli Stati Uniti e creando all’aria aperta delle opere che cercano di dare la percezione, a chi guarda, dello spazio diventato monumento, e non del paesaggio.
Come nell’opera del 1998 “Ellisse ritorta” in cui si entra e girando a spirale, si attraversa il monumento. Se si guarda la base dell’opera ed anche l’estremità superiore, allora, solo in quel caso, si nota l’ellisse tracciato.
Le imponenti pareti – nient’altro che lastre in acciaio zigrinato dello spessore di 5 cm e dal peso che va tra 100 e 200 tonnellate- sono “semplicemente” (si fa per dire) arrotolate su se stesse per modellare lo spazio del paesaggio su cui vengono installate.
Quello che mi ha fatto sorridere, leggendo notizie su Serra, è quanto questa sua mania di fare interagire spazio e l’arte, nel tempo lo abbia, varie volte, messo nei guai.
Per esempio, nel 1981, gli fu commissionato dal governo statunitense la famosa opera “Arco inclinato” e fu installata nella Federal Plaza di NY.
Dopo otto anni fu smantellata, in seguito a un processo controverso e ad un dibattito acceso dei cittadini Newyorkesi sul ruolo dell’arte pubblica.
Serra naturalmente dichiarò che la funzione principale dell’arte non fosse quella di risultare gradevole.
Per cui, anche il luogo stesso dell’installazione non era mai scelto a casaccio o su siti neutri, ma in contesti che donavano all’opera sfumature e significati diversi.
Per tornare però, alle monumentali opere di Bilbao, vorrei precisare che il movimento dell’osservatore in questo caso non è strettamente legato allo spazio (come nelle precedenti) ma bensì nel tempo.
Secondo l’artista esistono infinite tipologie di esperienze personali nella percezione di un’opera, tutte legate al tempo.
Le pareti, con il loro intuibile peso, si avvicinano, si allargano, si restringono, e l’effetto rimane, in alcuni punti quasi spaventoso.
Il critico d’arte Robert Hughes associò la sensazione che pervade camminando dentro alle opere al “timore di un piccolo insetto di essere schiacciati da un’incudine”.
Per contrastare quest’ansia l’osservatore è costretto a camminare (o a ridere 😂 in modo insensato).
Il fatto che questa pluriscultura, sia installata in un museo, quindi un luogo non convenzionale per le dimensioni, accentua maggiormente l’imprevedibilità dello spazio e questo senso emotivo particolare, che si forma in ognuno di noi, fa sì che si reagisca in modi diversi e complessi.
Spiegate quindi le nostre risate….(allora forse non eravamo poi così tanto citrulle…🤔😅😜)
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