Notte Stellata
“Fratello mio caro, fatico come un vero ossesso, provo più che mai un furore sordo di lavoro e credo che questo contribuirà a guarirmi…”
Siamo intorno al 1889, durante il ricovero dell’artista presso la clinica per malati mentali di Saint Remy de Provence…un periodo davvero duro per Vincent.
Un anno prima infatti, dopo una durissima litigata con l’amico Gauguin, Van Gogh si mutila l’orecchio ed in preda alle allucinazioni, viene ricoverato, in un primo tempo presso l’ospedale di Arles e in seguito presso la casa di cura “Saint Paul”.
Durante il ricovero , Vincent continuò un lavoro artistico intenso, come dimostra questo frammento di lettera al fratello.
Egli dipinse diversi paesaggi, inspirandosi a ciò che scorgeva dalla finestra della camera: distese di grano, alberi d’ulivo e cipressi.
Fra questi troviamo sicuramente “Notte stellata” dipinto nel giugno del 1889. Un olio su tela di 83×92 centimetri che si trova attualmente presso il Museum of Modern Art di New York.
Questo quadro è talmente particolare che nè le precedenti opere nè quelle successive, presentano uno stile così caratteristico. (solitamente si tratta di paesaggi diurni molto più rasserenati e decisamente diversi da questo notturno.)
Un’altra particolarità interessante è che lo stesso Vincent non sembrò soddisfatto del risultato, tanto che definì la veduta delle montagne… “buone fino ad un certo punto, ma il resto non mi dice niente, manca di forza di volontà e di linee fortemente sentite.”
Il giudizio dei critici fu ed è totalmente diverso, tant’è che quest’opera è considerata una delle più importanti.
Osservando il quadro da notare la sua forte astrattezza, impensabile per gli artisti dell’epoca, ancorati all’idea che la pittura dovesse rispecchiare la mera realtà di ciò che si vede.
Le figure sono bidimensionali e semplificate al massimo.
Sulla sinistra si nota un cipresso scuro e proteso verso il cielo, in basso si vede il profilo di un piccolo paesaggio con tanto di chiesa, dietro il quale è possibile scorgere la sagoma delle montagne. Il resto è tutto cielo stellato.
Le pennellate di “Notte Stellata” danno maggior valore ai colori e non alla visione reale del paesaggio, utilizzando una propria tecnica e i propri mezzi espressivi, essendo un autodidatta.
Il dipinto è un misto tra il paesaggio naturale di Saint Remy (come i cipressi e le montagne) e le case con i tetti spioventi dell’Olanda…una immagine quindi fantasiosa.
La struttura delle montagne scende in diagonale e determina una netta divisione tra la parte del cielo notturno astratto e il paesaggio.
La stessa netta divisione, si ha con le linee, che nella parte del cielo sono ondose, mentre nella parte del paesaggio sono dritte e ortogonali.
A tutto ciò si aggiungono anche forme geometriche che regalano un certo equilibrio. Guardando infatti il cipresso e il campanile della chiesa si può notare come rientrino perfettamente in un triangolo. Queste geometrie esprimono una certa tensione che si protende verso il cielo.
Il cipresso poi, fa parte di quegli elementi ricorrenti nelle opere di Vincent, dando comunque un senso di inquietudine essendo tipico riferimento alla morte.
“I cipressi mi preoccupano sempre, vorrei fare qualcosa, come per i quadri dei girasoli, perché quello che mi stupisce e che non siano ancora stati fatti come li vedo io…hanno linee di proporzione che ricordano gli obelischi egiziani”…
La falce di luna in alto ha una forma tondeggiante ed una luce inverosimile, troppo luminosa, ma l’artista nemmeno in un paesaggio notturno, può rinunciare al sole…centrale in tutta la produzione provenzale…sorgente di energia e per lui forza della natura.
Le linee curve dominano tutto il quadro, nel cielo, intorno alle stelle, sulle linee delle montagne, nei rami del cipresso, e lasciano un senso di fusione tra parte celeste e terra.
Le pennellate sono forti e decise e sembrano voler rappresentare proprio quella forza della natura nella potenza di cui parlavo sopra.
Nascondono in effetti, anche tutta la tensione che l’artista attraversava in quel momento…
”il dramma della tempesta e il dolore della vita è quello che più mi colpisce” scrisse in una lettera a Theo.
Una ricercatezza artistica che coglie la potenza della natura attraverso i vortici delle pennellate che coinvolgono tutti gli elementi avvicinando così gli astri alla vita dell’uomo, alle case e al paesaggio addormentato.
Il colore viene esteso pastosamente e in modo denso, lasciando da parte la realtà per esprimere la sensibilià dell’artista in quel preciso momento (tensione e dramma)un grido interiore.
Al tempo stesso è esplosione di energia, (l’angoscia di Van Gogh, nasce dalla troppa vitalità interiore che arriva a farlo sentire sbagliato.)
“Nel mio lavoro rischio sempre la vita” scrisse…
questo perchè nella sua attività pittorica così prolifica, Vincent cercò sempre di avvicinarsi in modo estremo all’essenza vera dell’uomo e della natura…per darle un Suo significato.
Cercare il senso della vita in ogni cosa.
Questo ultimo stralcio, fa parte della lettera, sempre indirizzata all’amato fratello, che lo accompagnò nel suicidio…ma la domanda, con cui concluderei è: come si fa a cercare il significato estremo della natura in modo assiduo e quotidiano, fino alla ricerca della morte con il suicidio?
Forse io non posso capire, forse chi decide di farla finita si sente talmente chiuso dentro ad un baratro che arriva ad impazzire al punto tale di voler morire.
Chi sono io per giudicare…
Mi sono attenuta alla pura descrizione dei fatti e del quadro, proprio per cercare di non interferire nell’intimo di un uomo…ma leggendo e cercando notizie su Van Gogh si rimane un po’ con l’amaro in bocca…e mi dispiace.
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