L’orinatoio per eccellenza: Fontana
Ci sono delle storie pazzesche che superano ampiamente la fantasia.
Avvenimenti strani che lasciano dietro sè piccole cose, anche insignificanti, idee che tracciano un segno.
Come “Fontana” di Marcel Duchamp!
Chi è che non ha mai pensato, di fronte a quest’opera: “Ma questa è arte?!”oppure “Sarei riuscito anche io”…sì vabbè, verissimo (forse) Lui però è stato ispirato e soprattutto, l’ha fatto…😳
Pare sia successo così:
Siamo nell’aprile del 1917.
Tre uomini si danno appuntamento in un locale di NYC, per condividere un pranzo. (E fin qui, tutto bene)
Questi tre uomini sono: Joseph Stella – pittore americano -, Walter Arensberg – famoso eccentrico collezionista – e ovviamente Duchamp.
Dopo aver mangiato e fatto quattro chiacchiere, tutti e tre si incamminano verso il 118 della Fifth Avenue presso un venditore di materiale idraulico.
Duchamp esce dopo aver acquistato un orinatoio modello “Bedfordshire”.
Ritornato nel suo studio, quell’orinatoio viene capovolto di 90°, firmato con lo pseudonimo di “R. Mutt 1917”e trasformato in una delle opere più discusse ed influenti del secolo scorso…appunto “Fontana”.
Essa diventerà una delle opere cruciali esposte nell’imminente mostra alla Tate Modern.
Cosa davvero curiosa è che in realtà a quella mostra verrà esposta solo una copia.
L’opera originale venne vista da pochissime persone, mai esibita e poco dopo svanita nel nulla.
“Fontana” è stata ed è ancora oggi, molto più di un pezzo di equipaggiamento sanitario; è uno scherzo di grande successo, ma soprattutto un opera bella, nata da un’idea brillante che accosta e distrugge tutte le regole convenzionali sull’arte.
Pensate, Duchamp faceva parte del direttivo della Society of Indipendent Artist di New York, la cui mostra annuale non prevedeva una selezione di opere.
Tutte le opere presentate venivano esposte.
Ma questa, portata sotto falso nome, venne rifiutata.
Non era possibile catalogarla come pura e vera arte.
Duchamp fece scatenare una protesta e la storia fu ripresa dalla rivista dadaista “The Blindman”.
L’articolo affermava che non aveva alcuna importanza se il signor Mutt avesse creato la fontana con le proprie mani oppure no, ma, in primo luogo, che l’avesse scelta e che poi l’avesse trasformata da oggetto di uso quotidiano ad opera, regalando all’osservatore un nuovo punto di vista.
Ho letto che Duchamp è stato addirittura paragonato a Leonardo Da Vinci, come artista-filosofo, ma anche a Buster Keaton il famoso attore regista americano, per via della visione “comica” dell’arte.
Dichiarò: “La gente ha preso molto sul serio l’arte moderna, perchè credeva che noi artisti ci prendessimo, a nostra volta, molto sul serio, ma una grande quantità di arte moderna è destinata ad essere divertente.”
Questa affermazione è verissima e mi ha fatto riflettere.
Ho pensato a come ci si approccia all’arte in genere, ed è vero… si ha sempre un certo timore ad avvicinarsi ad un dipinto di un qualsiasi artista.
Si vuole sempre entrare dentro, cercare di capire, di intravedere un piccolo particolare che ci apra la mente, ma non sempre è così!
Molto spesso abbiamo timore di passare per “ignoranti” (nel senso buono del termine – ca va sans dire)…ma perchè invece quest’ansia da prestazione, non ci capita di fronte ad un disegno di un bambino?
In questo contesto l’osserviamo e basta…eppure anche quel bambino, probabilmente ci vuole dire qualcosa…
Mi viene in mente Rothko…
Le sue strisce gigantesche colorate…
Se gli si chiedeva quale fosse il significato, lui rispondeva “Quello che ci volete vedere”, così come Keith Haring…ma allora perchè ci ostiniamo ad analizzare, comprendere ed entrare nell’opera e nella mente dell’artista?
Sono domande a cui non so dare risposta.
Mi viene solo da sorridere e mi rendo conto, che a volte le cose della vita sono semplici…ma ci piace complicarle un po’…tutto qui!
Love,
E.
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