L’onirico che diventa realtà…ma per poco.
Questi ultimi dieci giorni, mi hanno fatto riflettere su come ci si sente a vent’anni…
Ho cercato di chiudere gli occhi e tornare indietro nel tempo, per spiegarmi gli atteggiamenti di un ventenne…ora…
Quando si diventa adulti, ci si dimentica di come si era prima.
Pur impegnandomi, non riesco più a sentire in me, quella sensazione di ricerca costante di libertà.
Fare viaggi on the road lunghissimi, assurdi (quando bastava un aereo), facendo discorsi sul senso della vita, la religione, i ragazzi, le ultime avventure sentimentali, i caffè a litri, le pipì nei peggiori bar del mondo (che forse era meglio la natura!) e la voglia di non tornare più indietro.
Un sogno infinito.
L’onirico che diventa realtà.
Ma per poco…
Poi si torna alla vita, quella vera.
Si fanno i conti con i giorni che passano, alcuni di noi incontrano l’anima gemella, ci si sposa, si mette su famiglia, il lavoro diventa fondamentale e di quei viaggi ci restano le polaroid…
L’altro pomeriggio pensavo che la giovinezza o meglio, la lunga adolescenza, è come un’autostrada.
Tutti partiamo dal casello, magari di una parte poco trafficata, poi man mano che percorriamo questo rettilineo (che ogni tanto, proprio rettilineo non è!) arriviamo nella parte più densamente trafficata e si va tutti nella stessa direzione, ma da quel punto in avanti, piano piano, le automobili che ci sono accanto escono ai vari caselli, magari anche noi…e si rimane di nuovo soli, a percorrere il resto della strada con pochissimi altri.
Ma quella parte di illusione onirica resta dentro di noi…come un quadro di Magritte.
L’immagine di una casa nel buio di una notte che però è delimitata da un cielo azzurro diurno, pieno di nuvolette.
Per alcuni è notte, per altri giorno!
L’immagine di un semplice occhio che però nell’iride ha un altro cielo luminoso attraversato da candide nuvole e la pupilla nera che rappresenta un misterioso sole.
Per alcuni è un occhio per altri un cielo.
Sto parlando de “Il falso specchio”, quadro del 1928 esposto al Moma di New York.
“In considerazione della mia volontà di far urlare il più possibile oggetti familiari, l’ordine normale deve essere sconvolto…..il risultato di un effetto poetico sconvolgente…”
La superficie de “Il falso specchio” è totalmente occupata da un occhio aperto.
Nulla di particolare, se non fosse per il cielo che occupa il centro.
La pittura è intenzionalmente di bassa qualità, banale, sembra quasi l’insegna di un ottico più che un’opera d’arte.
Probabilmente, con questo dipinto, Magritte non si proponeva di mostrare la propria abilità di artista, ma semplicemente presentare una certa idea di occhio.
L’iride dipinto come un cielo azzurro di primavera e la pupilla nera, che rappresenta il sole, può regalarci una doppia lettura:
potrebbe essere un occhio riflettente la superficie del cielo oppure una finestra aperta verso l’interno, che rappresenta ciò che l’occhio vede.
La domanda, in questo caso è: quanto l’occhio è disposto a vedere? Siamo pronti a vent’anni a prendere la vita per quella che è, o dobbiamo cercare in lungo e in largo, qualcosa che ci sembri migliore e ci possa regalare l’illusione di libertà?
In questo senso Magritte, passa da pittore ad artista concettuale, mentale.
La qualità dell’opera non sta nell’abilità meramente esecutiva, ma nella riflessione sulle cose e sul mondo, messa in moto utilizzando il tipico procedimento surrealista che gli appartiene, come in un sogno.
L’autoanalisi di ognuno di noi, non termina a vent’anni e nemmeno a cento, la ricerca di un sogno, che per una parte di vita è libertà e viaggio, cambia prospettiva, ma ci aiuta ad affrontare meglio ogni giorno.
L’importate è non abbandonarlo…Mai!
Peace & Love…
E.
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