Il nero e la Guernica
Ma il nero è un colore?🤔 Mi spiego, se penso ad una scala cromatica o a un colore in particolare non mi viene in mente il nero…
Cosa mi metto stasera? Penso al nero…👠 (che poi, anche in questo caso, dipende dove ti portano…🤦🏼♀️) oppure, in una giornata di sole estiva come oggi…occhiali neri e via!😎 (sempre molto cool).
Fermatevi un attimo e riflettete: non è forse vero, che in questi casi il nero è sempre associato a qualcosa di molto colorato? Il rosso di una serata piccante, o il giallo del sole splendente?…il nero è solo il contorno…ma allora (torno a chiedere) il nero è un colore o è il non colore?
Il nero? Per me è solitudine, è tristezza, è angoscia, è lutto, è l’amore che hai perso, l’amico che ti ha tradito, la malattia, la lacrima, il vaff….. a cui pensi appena sveglio….(potrei andare avanti per ore) tutti, almeno una volta siamo finiti nel nero!
Schopenhauer, che era un grande “ottimista”…(si fa per dire ovviamente!) diceva…”nella vita siamo e resteremo soli…” yuppiiiiiiii…..felicità….😳😳
C’è un quadro, tra l’altro ancora oggi molto attuale, che è tutto nero, grigio e bianco…è triste: La Guernica.
Guernica è una città Basca, divenuta famosa esclusivamente per un evento tragico. Durante la guerra civile spagnola, il 26 aprile 1937, mentre donne e bambini trascorrevano una giornata assolutamente normale, al mercato, in strada, al lavoro etc.. venne bombardata a tradimento dall’aviazione militare tedesca.
Pensate: il bombardamento durò 3 ore e vennero sganciate 5000 bombe…un numero assurdo…cosa successe alla gente normale (come me, come voi) è superfluo descriverlo.
Picasso, in quel periodo era impegnato alla creazione di una tela che rappresentasse la Spagna all’Esposizione Universale di Parigi del 1937, e apprese la terribile notizia dai giornali.
Vennero, infatti, pubblicate le foto del post bombardamento che lo sconvolsero totalmente.
Decise così di realizzare un dipinto che denunciasse l’atrocità usata contro una cittadina innocente.
La tela ha dimensioni notevoli (3,5mtx8) fu realizzata in un paio di mesi, ma fu preceduta da un lungo studio.
Guardiamo il dipinto attentamente e cerchiamo di dargli un significato.
Picasso cerca, attraverso il dipinto, di ricreare la situazione come se fosse uno dei sopravvissuti che, usciti dal bunker al riparo dalle bombe, va alla ricerca dei propri cari sperando di trovarli ancora vivi. Pensate all’angoscia, alla paura e talvolta alla disillusione!
Le figure rappresentate infatti sono tutte deformi, hanno piedi e mani giganti e questo perché il dolore ci contorce, ci deforma.
Il pittore parte, sottolineando la vita che le persone svolgevano nell’istante del bombardamento, gente come noi, che aveva una famiglia e che trascorreva le giornate nella normalità. Prova a raffigurarci questa sensazione attraverso la luce che troviamo al centro del dipinto, in alto.
Questa lampadina accesa, che solitamente viene accesa nelle cucine durante l’ora di cena dove, seduti al tavolo, ci siamo tutti, si ispira ad un altro quadro. Esattamente a “I mangiatori di patate” di Van Gogh, dipinto nel quale viene rappresentata la riunificazione famigliare, dopo una giornata di lavoro.
Spostiamo lo sguardo verso sinistra, rimaniamo senz’altro colpiti dall’urlo infinito di quella madre che tiene tra le braccia il Suo piccolino…l’urlo si sfoga verso l’alto, ma lo sguardo invece è rivolto verso terra; le mani della donna sono grandissime…le mani delle mamme sono sempre enormi, ci servono per proteggere i nostri figli…
Sotto la lampada accesa troviamo invece il cavallo, anch’egli, sembra essere travolto dal dolore. Ha la bocca spalancata e nitrisce come un urlo di sofferenza. L’animale, in questo caso simboleggia il popolo spagnolo e tutti i popoli schiacciati dalla guerra e dalle ingiustizie, proprio come il cavaliere disarcionato e calpestato dal cavallo. In mano ha una spada spezzata…quest’ultima, rappresenta l’arma bianca, nel contesto significa lo scontro tra uomini, ed è rotta a metà in quanto, in questo caso, non è avvenuto ad armi pari.
Sulla destra troviamo un’altra donna, che urla, sollevando le braccia al cielo, dalla finestra vede il proprio paese in fiamme. Dietro di Lei un’ennesima figura femminile che sembra entrare nella stanza, dove si sta svolgendo la scena completamente sconvolta e stupita da quello che vede, sembra incredula, così come il volto che spunta dall’alto con la bocca spalancata (rimane senza parole), ma porta in mano una speranza, una torcia che si unisce alla lampadina accesa e al fiore in basso vicino alla spada.
Ultimo elemento: il toro. L’ho lasciato per ultimo anche se nel quadro e abbastanza evidente e centrale…un’immagine che se la si guarda approfonditamente, è agghiacciante! Il toro è il male, l’esercito tedesco, la parte insensibile di tutto il quadro, la violenza inaudita con cui si è riusciti ad invadere le vite normali di ognuno di noi.
……….
Questo dipinto può essere considerato un trittico, nonostante sia un’opera sola.
E’ diviso infatti in tre scene: a sinistra la pietà della donna…che non è altro che la pietà della Madonna con il figlio Gesù in braccio. A destra la figura con le braccia sollevate è la Maddalena e in centro la luce del lampadario, la luce della torcia e il fiore, rappresentano la resurrezione
Non credo ci sia nient’altro da aggiungere al colore nero…
Una curiosità, quando Picasso terminò il quadro fu in un periodo di totale povertà, non aveva nemmeno i soldi per la cornice, così arrotolò la tela e la infilò sotto il letto.
Un giorno, vennero a bussargli alla porta per un controllo, i soldati Nazisti che dopo una perquisizione minuziosa, trovarono sotto il letto il dipinto.
…e chiesero “Chi la dipinto? L’ha fatto Lei?” E Picasso rispose “No, l’avete fatto voi!”.
Stop.
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